La pandemia da Covid-19 ancora in corso, ha modificato molte nostre abitudini, tra le quali il non poter viaggiare. Quanto ha influito questo divieto sul nostro benessere psicologico? Per avere una visione più chiara della situazione, ho rivolto qualche domanda alla dottoressa Francesca Petrungaro, psicologa clinica, iscritta all’albo degli Psicologi del Lazio.
Quali sono le motivazioni psicologiche che spingono a viaggiare?
Partiamo dalla definizione di motivazione. Si tratta di un insieme di processi psicologici che attivano e guidano il comportamento e l’azione dell’individuo, verso la realizzazione di un determinato scopo o la soddisfazione di un proprio bisogno. In termini semplici, è ciò che mi dà la giusta spinta ad agire. Le motivazioni che inducono le persone a viaggiare possono essere molteplici e legate alle loro necessità (consapevoli o no). Ad esempio: evadere dalla routine, conoscere posti nuovi, esplorare, rigenerarsi, ritrovare se stessi, meravigliarsi, vivere un’avventura, misurarsi con i propri limiti, passare del tempo con gli amici, seguire la moda delle “mete più ambite”. Ciò che spinge ogni singolo individuo a viaggiare, a scegliere una meta piuttosto che un’altra, è profondamente legato ai suoi bisogni e alle sue necessità.
Il turismo può essere considerato una necessità dell’essere umano?
Il turismo, si può considerare una necessità dal momento in cui, grazie ad esso, le persone riescono a soddisfare i loro bisogni più interiori.
A causa della pandemia da Covid 19, il settore viaggi ha subito una battuta d’arresto. Quanto ha influito il lockdown e l’impossibilità di viaggiare sulla salute mentale degli individui?
Tutta questa situazione , ha avuto un impatto molto forte su vari fronti, salute mentale compresa. L’obbligo di rimanere chiusi all’interno delle proprie abitazioni, le cattive notizie divulgate incessantemente dai media, la perdita o diminuzione del lavoro, la preoccupazione per la salute dei propri familiari, l’impossibilità di dare un ultimo saluto ai propri affetti, le distanze imposte ai bambini, la chiusura delle scuole, gli incentivi che non arrivano. Sono solo una piccola parte dei fattori che hanno messo a dura prova il nostro benessere psicologico. Fattori che, in alcuni casi, hanno aumentato la paura di viaggiare (o l’impossibilità economica a farlo) e di relazionarsi, il timore di uscire dal proprio “porto sicuro” e di esporci incosciamente al contagio. A sua volta, la paura di viaggiare e l’impossibilità di farlo, hanno alimentato ansie e paure.È come se ci fosse un rapporto bidirezionale tra impossibilità di viaggiare e salute mentale: la situazione ci ha messo a dura prova, non posso/non riesco a viaggiare – non posso viaggiare, aumentano i pensieri negativi e l’ansia. Ciò che banalmente chiamiamo il “circolo vizioso”.
Il turismo è soprattutto un fatto sociale. Hai consigli per superare le difficoltà che il distanziamento ha creato durante questi mesi di pandemia?
Credo che si debba partire dal riconoscere le proprie difficoltà, accoglierle e cercare di gestirle. Provare a vedere le limitazioni come transitorie ed utili per superare al più presto la situazione. Coltivare i rapporti interpersonali, nel rispetto delle regole, ed avvalendosi delle nuove tecnologie che accorciano ogni distanza. Cercare di organizzare in modo positivo la propria vita, creare nuove e sane abitudini, e credere nelle proprie capacità di saper fronteggiare situazioni nuove ed imprevedibili.Approfitto di questo spazio, per dire che è normale sentirsi smarriti, avere paura, provare emozioni negative. Chiunque abbia bisogno, non temi di chiedere aiuto se la paura e l’ansia stanno prendendo il sopravvento.
Trasformiamo i timori in guide, perché mentre la paura ti blocca, la guida ti dirige e ti stimola all’azione.